XIV DOMENICA T.O.
La non accoglienza che rende impuri
CARI AMICI, SONO UN PO' IN RITARDO CON LA MIA NOTA SETTIMANALE, MA QUI ABBIAMO
AVUTO UN SUPER TEMPORALE CHE CI HA FATTO SALTARE LA LINEA TELEFONICA. UN CARO
SALUTO E UNA BUONA SETTIMANA! MAURI
Dopo l’obbedienza, sulla quale ci
siamo fermati domenica scorsa, (obbedire ad una chiamata, obbedire alla libertà ,
obbedire allo sguardo), stando alla liturgia della Parola che abbiamo ascoltato,
altro tratto caratteristico della figura del discepolo pare essere la gioia, che
secondo modalità molto diverse percorre le letture di questa domenica:
-
Nella prima lettura è risposta alla consolazione che viene da Dio
- Nel
salmo responsoriale è memoria delle opere compiute da Dio
- In S. Paolo la
gioia nasce dall’essere nuova creature
- Nel vangelo Gesù ci mette in
guardia dalla gioia che nasce dal successo e può diventare auto celebrazione e
ci invita a gioire per il fatto che la vita del discepolo è una vita orientata a
Dio (i vostri nomi sono scritti nei cieli)
Per quello che riguarda la
prima lettura interpreto così: la gioia nasce dalla fede, dall’abbandonarsi in
Dio: Gerusalemme versa in condizioni pietose, i nemici si burlano di lei e dei
suoi abitanti e i sentimenti emergenti sono la disillusione e lo sconforto. Qui
si inseriscono le parole di Isaia che in questa situazione di abbattimento
incoraggia il popolo mettendolo in guardia sul fatto che una delusione non può
chiudersi in se stessa, perché rischia di arrivare alla disperazione… è
necessario aprirsi alla speranza; anche in un presente carico di difficoltà ,
disillusioni, disorientamento, scoraggiamento il credente è chiamato a confidare
nella promessa di Dio, che non si sa quando si compirà , ma che grazie a Dio è
affidata a Lui e non agli uomini e alle loro forze Voi lo vedrete e gioirà il
vostro cuore. Leggo questa promessa come un ulteriore invito a guardare, con
fiducia e speranza, in avanti: è quella obbedienza dello sguardo che abbiamo
appreso da Gesù domenica scorsa. E’ un guardare avanti senza la presunzione di
essere migliori o speciali, senza desideri di riscatti o vendette semplicemente
affidando alle sue mani il nostro futuro e la vocazione (servizio) della chiesa
la mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi.
Se alle volte può
sembrare impossibile rialzarsi da una situazione disperata, forse è perché
perdiamo la memoria, abbiamo la memoria corta… viviamo di nostalgie, e
continuando a guardare indietro dopo aver messo mano all’aratro siamo incapaci
di credere nella attualizzazione delle meraviglie compiute da Dio della quale ci
parla il salmo che abbiamo pregato in risposta alla prima lettura: Egli cambiò
il mare in terraferma; passarono a piedi il fiume: per questo in lui esultiamo
di gioia.
La seconda lettura la sento come un forte invito al
decentramento, ad evitare qualsiasi forma di autocelebrazione o di
autosufficienza… avrebbe tutte le ragioni S. Paolo per ponersi un gradino sopra
gli altri (ha fondato tantissime comunità , ha percorso tantissimi chilometri, ha
rischiato la vita…) ma rifiuta questa logica per metter al centro Gesù, la sua
croce e la sua fede in lui. S. Paolo ci mette in guardia sempre contro la stessa
tentazione sentirsi a posto perché si è adempiuto a dei precetti, ovvero
celebrare la propria bravura e bontà : come sono stato bravo! Sono stato capace
di queste fedeltà , ho fatto tutte queste cose… è la chiara dimostrazione che
niente è cambiato, che non possiamo dire di essere creature nuove. Il vangelo ci
racconta del cambiamento di tantissime persone, vere e proprie trasformazioni
avvenute grazie all’incontro con Gesù… alcune immediate (Zaccheo, Matteo) altre
hanno domandato più tempo (Nicodemo). E’ questo l’incontro che rende nuovi, non
l’adempiere una legge o un comandamento.
Anche nel vangelo il
riferimento alla gioia è presente… come accennavo all’inizio vedo un
collegamento importante con la seconda lettura per quello che si riferisce
all’essere autoreferenziati; il collegamento in realtà è più ampio e ci permette
di cogliere l’unità del cammino che la chiesa ci fa fare domenica dopo domenica:
l’invito prezioso che Gesù rivolge ai discepoli è un invito a non rallegrarsi
del potere che possono esercitare . L’orientamento è ai cieli. Il segno di una
chiesa orientata al cielo è una chiesa che non gioisce del potere che ha, ma è
una chiesa che si sa al servizio. Ma sono anche altre (tantissime!) le note che
caratterizzano il discepolo e che il vangelo ci consegna… Il discepolo è un
inviato, ed è chiamato a non fare da solo, a non essere un battitore libero, ma
rispettoso della diversità è deve confrontarsi. Quindi la missionarietà , la
povertà , l’essenzialità , la mitezza, il coraggio, l’attenzione. Mi colpisce oggi
l’invito di Gesù a scuotersi la polvere dai sandali… credo voglia dirci che
caretteristica del discepolo è anche quella di scrollarsi di dosso tutto ciò che
separa, che distanzia, che costruisce muri anziché ponti. Domenica scorsa,
incontrando i catecumeni a Cascajal, ho chiesto a don Franco di parlare loro
della terra di Gesù e spiegando il territorio della Decapoli ha detto che gli
ebrei, quando tornavano nella loro terra dopo essere passati di lì dovevano
scuotere la polvere dai sandali perché la terra della Decapoli era impura. Ecco
allora un altro elemento che getta una luce sulla figura del discepolo: uno
chiamato a dichiarare impuri tutti i gesti, tutte le parole, tutte le scelte di
chiusura di non accoglienza… sono quelli che contaminano, sono quelli che
chiudono vite e cuori. Quante cose ci dice il vangelo di oggi…ci ricorda ad
esempio che la vita del discepolo è una vita esposta e segno di questa
esposizione è la parola di Gesù: vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Quando
ho chiesto ai bambini di Rodrigo cosa succede ad un agnello in mezzo ad un
branco di lupi, in coro mi hanno risposto: Se lo mangiano!!! La vocazione del
discepolo è ad essere mangiato allora e la sua vita si connota come una vita
pasquale, quella vita che può aiutare chi veramente lo desidera a cambiare,
l’unica vita che può aiutare i lupi a comprendere la bellezza del convertirsi in
agnelli.
Tutto questo è possibile perché il Padre, in Gesù, consegna al
discepolo, inviandolo, quanto di più prezioso ci possa essere: il vangelo, la
bella notizia della vicinanza del Regno di Dio. Gesù manda per lui dei
messaggeri per portare la sua parola Dare all’uomo il vangelo significa dargli
il motivo fondamentale per cui vivere, significa dargli la forza e l’energia per
superare i tanti momenti di avvilimento, di stanchezza, di fatica che
inevitabilmente stanno dentro alla nostra vita (don Daniele Simonazzi). E’ qui,
e cocncludo, che ci siamo consegnati alcune domande per alimentare la nostra
interiorità in questa settimana: Desidero far gioire i miei fratelli/sorelle
portando loro una buona notizia? Quale vangelo consegno loro? E io, sono un
vangelo con le mie scelte di tutti i giorni? (onestà , trasparenza,
disponibilità , correttezza…).
Grazie Signore perché consegnandoci il tuo
vangelo vuoi farci vivere di Te… che Maria ci insegni a custodirlo e meditarlo,
perché possiamo generarlo nella nostra vita e in quella dei nostri
fratelli/sorelle.
1 Il testo si riferisce al ritorno dall’esilio in
Babilonia, quando il popolo, ritornando alla propria terra si scontra con le
difficoltà della ricostruzione del tempio, e le difficolta del proprio tessuto
religioso e sociale. Le promesse contenute nei capitoli 40-55 di Isaia, l’uscita
da babilonia come una liturgia trionfale, il cammino nel deserto trasformato in
un giardino, la entrata solenne in una Gerusalemme ricostruita sembrano lontane
dalla realtà (Lectio divina para cada dÃa del año, ed. verbo divino).
2
Ricordate domenica scorsa la tentazione dei discepoli di usare a proprio uso e
consumo (come ha fatto Elia con i suoi nemici) il potere di Dio?
3 Domenica
scorsa abbiamo visto che Eliseo subito si mette al servizio di Elia e S. Paolo
ci invitava a servirci gli uni gli altri…
4 E’ il sacerdote della diocesi di
Genova che condivide con me la responsabilità della missione nella diocesi di S.
Clara ed è stato guida per i pellegrini in Terra Santa.