XV DOMENICA T.O.
Discepoli, in cammino per compiere la volontà del Padre
CARI AMICI, UN ABBRACCIO A TUTTI E BUONA DOMENICA!
A PRESTISSIMO (MARTEDI'
20 LUGLIO ARRIVO...)
Oggi la liturgia della Parola ci dice,
riguardo al tema che ci siamo consegnati in questo periodo, che il discepolo è
un uomo in cammino verso la volontà del Padre. Il samaritano, l’unico capace di
avere compassione del malcapitato, è un uomo in viaggio, ci dice il vangelo… “il
viaggio” era quello che portava a Gerusalemme Beato chi decide nel suo cuore il
santo viaggio dice un salmo. E’ il pellegrinaggio che porta alla città santa… e
il pellegrinaggio non è per conoscere un luogo da di fuori, è per conoscere
meglio Dio, è per conoscersi meglio dentro. Ancora una volta ci viene detta la
direzione del nostro accompagnare Gesù: Gerusalemme, il luogo nel quale, in
mezzo a mille fatiche Gesù riuscirà a dire: non la mia volontà, ma la tua o
Padre. Ecco perché possiamo ( e forse dobbiamo) riconoscerci nel malcapitato,
perché è colui che si allontana da Gerusalemme, che compie il cammino alla
rovescia…non solo ha sbagliato strada ma addirittura va nella direzione opposta.
Per il nostro tema di oggi, il compiere la volontà di Dio trovo
bellissima anche la prima lettura obbedirai alla voce del Signore tuo Dio,
osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge;
quando ti sarai convertito al Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta
l’anima… è importante, credo, quel tutto, presente anche nel vangelo… che io
interpreto come un forte richiamo a compiere la volontà di Dio; prima lettura e
vangelo ci dicono oggi che l’amore di Dio per noi e il nostro per Lui hanno un
valore assoluto e quindi la parola che ne esce fuori è “tutto”. Se Dio è Dio,
l’unica misura è la totalità. Non si può dare a Dio solo qualcosa della propria
vita, perchè non gli si può sottrarre niente; tutto quello che l’uomo fa, i suoi
pensieri, le sue parole e le sue azioni devono essere sottomesse alla volontà di
Dio. Ma cosa vuol dire amare Dio? La concezione biblica e del nuovo testamento
dice che amare Dio consiste essenzialmente nell’accogliere nella nostra vita la
sua volontà. Ma non possiamo amare Dio solo con i nostri sentimenti, le nostre
capacità, il nostro sforzo. L’amore a Dio è possibile solo attraverso la
trasformazione che il Signore opera del nostro cuore indurito in un cuore capace
di amare come lui vuole, per questo il libro del Deuteronomio ci dice che
l’obbedienza nasce dalla conversione (quando ti sarai convertito). Le parole che
abbiamo ascoltato sono tratte dal capitolo 30 del libro del Deuteronomio che ci
racconta della diaspora del popolo d’Israele e di come Israele sia chiamato a
leggere la diaspora non come una punizione, ma come una opportunità per tornare
a Dio . Quello che annuncia il vangelo di oggi, ossia un Dio che in Gesù (il
samaritano) si fa prossimo, la prima lettura lo anticipa, perché obbedire alla
voce, compiere la volontà del Padre, non è impresa umana, ma dono di Dio; l’uomo
può certamente conquistare tante cose, ma sicuramente non Dio, perché nel
rapporto con Lui si riceve, si accoglie, si dà una disponibilità… L’ultimo
versetto della prima lettura in particolare credo ci aiuti a interpretare…
ripeto, la Parola di Dio non è conquista, ma accoglienza. Perchè la Parola non è
lontana e in alto. Non è nel cielo, nè al di là del mare! In un bel commento a
questa lettura leggevo questo: se il comando fosse troppo alto, meraviglioso
(trad. letterale), Dio sarebbe o troppo distante o incomprensibile, perché ci
vorrebbe qualcuno capace di ascoltare il messaggio celeste e tradurlo nel
linguaggio umano… oggi ci viene detto che Dio ha parlato con noi con la
semplicità e la tenerezza con cui un padre parla con suo figlio per farsi
capire. Il rapporto con la Parola non è dunque sforzo, impegno umano, ma regalo
di Dio che si è fatto prossimo a noi con la sua Parola. Questa Parola è vicina:
"nella tua bocca e nel tuo cuore”.
Anche la seconda lettura ci parla di
questa vicinanza, di questa prossimità che in Gesù (immagine del Dio
invisibile), ha raggiunto il suo punto più alto, il mantenimento di una
promessa, un linguaggio che parla di un amore e di una misericordia del Padre
così evidenti e manifesti che soltanto un cuore indurito non può comprendere o
rifiutare. S. Paolo ci dice che l’uomo, che dopo la creazione si è allontanato
dal centro, a questo centro, al cuore di Dio, viene ricondotto da Gesù, che ha
come desiderio che lo spinge quello di riconciliare e pacificare… ossia
riavvicinare l’uomo perché possa, da buon discepolo, mettersi in cammino per
compiere la volontà del Padre.
Di questo Dio che in Gesù si avvicina, ci
narra la parabola del Buon Samaritano. Un Dio che prova “compassione” (compatire
= patire con) prendendosi cura di ogni uomo e donna che si allontanano dal
cuore, che si allontanano dal luogo del compimento della volontà del Padre è al
centro del racconto di Gesù… Gesù desidera aiutare anche questo dottore della
legge credo… anche lui si sta allontanando… ponendo alla prova Gesù (il verbo
che Luca usa è lo stesso delle tentazioni nel deserto), cercando una conferma
nella sua idea di prossimo (soltanto in chi appartiene al popolo d’Israele posso
incontrare il mio prossimo), rifiutando fino all’ultimo l’idea che ci si possa
incontrare e servire tra nemici (sarebbe stato semplice alla fine rispondere: il
samaritano è colui che si è fatto prossimo… e invece evita accuratamente di
pronunciare quel nome, quella provenienza, quella parola odiata). Il
comandamento dell’amore è fatto di due parole importanti: Dio e il prossimo.
Gesù ci insegna che queste due realtà non si possono separare… chi lo ha fatto
per poter servire meglio Dio (il sacerdote), incontrerà un tempio vuoto perché
per rapportarsi a Dio attraverso il rito ha dovuto evitare l'uomo ferito. Ha
agito correttamente secondo le esigenze della religione del tempio… ma di questo
tempio non rimarrà pietra su pietra. Il sacerdote e il levita, dopo aver evitato
di contrarre impurità lasciando morire un uomo in mezzo alla strada, entrano nel
tempio con l'orgoglio della purità salvata… ma nel tempio non c'è più Dio. Ora
per incontrarlo bisogna uscire fuori, riprendere la strada a ritroso (Vittorio
Mencucci in Adista del 19.06.2010). Concludo raccontandovi della condivisione
oggi nelle comunità: durante la liturgia della Parola, quando ho chiesto se è
difficile mettere in pratica l’invito di Gesù a “fare lo stesso”, Margarita ha
detto: Basta fare come Milady… Milady lavora alla tienda di las Nieves. Ha
sentito parlare di Jose, un vecchietto rimasto solo, senza più nessuno e senza
la pensione. Ha cominciato ad aiutarlo lavandogli la biancheria e facendo alcuni
lavoretti… aiutandolo quando ha dovuto ricoverarsi in ospedale per una
operazione seria e accogliendolo in casa sua quando è stato dimesso… senza
nessun interesse, senza nessun secondo fine. Non ha detto niente, ma ci ha
aiutato a concretizzare, a credere che è possibile accogliere e mettere in
pratica l’invito di Gesù.
1 Mi piace molto questo commento di don
Giovanni Nicolini: La dispersione di Israele in mezzo ai popoli, la "diaspora"
appunto, che viene interpretata come "punizione", in realtà ha tutto un volto e
un obiettivo positivo di grande rilievo, perchè interpreta la vita di ognuno e
di tutto il popolo come il grande "ritorno", espressione molto concreta per
indicare la "conversione", che è ritorno alla Terra, ma è anche e soprattutto
ritorno a Dio, e in questo senso "conversione". Secondo Dt 30,1 è nella
dispersione che si attua il rapporto più profondo e più fecondo tra il popolo e
la Parola che Dio gli ha donata. L'accoglienza piena di questa Parola sarà il
principio e la potenza per questo "ritorno". In 30,3 la traduzione letterale
dice: "Il Signore ritornerà dalla tua schiavitù"… Perchè dice "ritornerà"?
Perchè la gloria di Dio non ha abbandonato il popolo, e l'ha seguito nella
dispersione! E ora con lui ritorna, nella luce e nella potenza della Parola
accolta "con tutto il cuore e con tutta l'anima".