XXIV DOMENICA T.O.
Debolezza di Dio, debolezza dell’uomo
La Parola che
riceviamo oggi dalla bontà di Dio ci aiuta ad arricchire con nuove tessere il
nostro mosaico del volto del discepolo. Mi piace dire così: il discepolo è
qualcuno chiamato a stare di fronte alla debolezza di Dio (prima lettura e
vangelo), il discepolo è qualcuno che sa fare della propria vita una lode a
Dio. Mi pare bello questo aspetto che emerge dalla seconda lettura di questa
domenica che ci presenta una vera e propria “beraka†ebraica, una preghiera di
benedizione e di rendimento di grazie che S. Paolo eleva per quanto Dio ha
operato nella sua vita. L’invito, chiaramente, la parola di Dio lo rivolge
anche ad ognuno di noi... siamo chiamati a fare altrettanto, a far si che anche
la nostra vita possa diventare preghiera o meglio, che la preghiera possa
nascere dall’ascolto della vita, dalla lettura che facciamo di essa è l’annuncio di Paolo diventa preghiera, la
sua vicenda personale si raccoglie in una lode a Dio. Cominciando dal
riconoscere le proprie mancanze, le proprie lontananze, il proprio peccato. Ma
non per condannarci per fermarci lì, per rimanere chiusi nei nostri sbagli... questi
aspetti sono da leggere come l’opportunità che Dio coglie per venire a cercarci
e dopo averci trovato per entrare nella nostra vita con la sua misericordia.
Che bello questo: Dio ci benedice, la sua parola opera in noi un cambiamento ed
è lì che possiamo restituirla a Lui sotto forma di lode. Abbiamo giudicato
particolarmente importanti questi aspetti nelle comunità : 1) l’inconsapevolezza
di Paolo nel perseguitare la chiesa... a volte è facile giudicare e condannare
il comportamento di qualcuno.. ma realmente non sappiamo quanto abbia la piena avvertenza (la chiesa ci dice che
perchè ci sia un peccato mortale è necessaria...) di quello che sta facendo...
2) anche il verbo sovrabbondare ci è
piaciuto molto (desbordar in
spagnolo)... ci ha aiutato a capire quanto, rispetto alla gravità del peccato,
sia grande la gratuità e il dono che Dio ci fa della sua misericordia... 3) il
ribadire la portata universale della venuta di Gesù per la salvezza... non
semplicemente per molti, ma per tutta l’umanità .
E’ stato quasi
naturale allora fare questa considerazione: da dove Paolo chiude, dalla
universalità , il vangelo ci fa cominciare oggi la riflessione: Si avvicinavano a lui tutti i peccatori e i
pubblicani per ascoltarlo... C’è anche questo movimento degli uomini...
l’andare a Gesù mossi dalla certezza che non giudicherà mai la nostra
condizione. Certo, in Gesù è il Regno di Dio ad avvicinarsi a noi, ma sappiamo
che c’è un momento anche nel quale Dio in Gesù ci aspetta dopo averci lasciato
andare per le nostre strade... liberi di andare e liberi anche nel tornare, ed
è questo un primo aspetto della “debolezza†di Dio: il non imporre, (potrebbe),
la sua compagnia, il non trattenere a tutti i costi, il non forzare la mano...
la seconda cosa che ci è piaciuta molto del passaggio del vangelo è stata
questa: Costui riceve i peccatori e manga con loro... leggevo in un commento
che il verbo ricevere, in realtà andrebbe tradotto con aspettare, perchè
l’evangelista Luca usa qui lo stesso verbo che in altre occasioni ha usato per
dire l’attesa del Messia (il vecchio Simeone, Giuseppe d’Arimatea...); qui si
apre un mondo di una bellezza infinita allora, perchè la stessa attesa carica
di desiderio, di speranza, di gioia, che il popolo d’Israele ha nei confronti
del Messia, Gesù l‘ha per chi ha preso un’altra strada, per chi si è
allontanato da Lui, per chi dai giusti è giudicato non degno... e mi pare che
l’attesa del padre della parabola ci dica proprio questo (mi limito a questo accenno
al prodigo perchè nelle nostre comunità ci siamo fermati alla versione breve
del vangelo domenicale...).
Il tema della
debolezza di Dio percorre tutto il vangelo di oggi mostrandoci con chiarezza
che anche Lui sperimenta una perdita e un ritrovamento... abbiamo condiviso
qualcosa su questo partendo da un testo della comunità di Bose che riporto in
nota[1]. Anche qui Dio si rivela non certo come
forza e potenza (almeno per come la intendiamo noi...), ma come qualcuno che
desidera percorrere lo stesso cammino dell’uomo, fatto di perdite, di
smarrimenti, di ritorni a se stesso. E’ stata bella, (a mio parere),
l’interpretazione che abbiamo dato circa lo smarrimento della moneta da parte
della donna: ha perso qualcosa di
prezioso, forse ha perso un valore, ha perso la capacità di essere amica, di
essere fedele, forse ha perso la relazione con Dio... ha smarrito se stessa in
fondo... e si rende conto che il prezzo da pagare sarebbe troppo alto, per
questo fino a che non si ritrova cerca e pulisce la casa... e quando ritrova se
stessa e la sua verità non può che festeggiare condividendo con altri la sua
gioia.
Qualcosa di
simile, forse osando un po’ troppo lo abbiamo detto anche per quello che
riguarda la prima lettura... nel senso che anche Dio si era un po’ perso,
minacciando di distruggere il suo popolo. Ma Mosè lo aiuta a ritrovarsi,
ricordandogli la promessa fatta, quella di una discendenza e di una terra da
abitare... e qui, forse esagerando, mi pare di leggere l’importanza della
debolezza: Dio cede a Mosè, ritorna sulla sua decisione, ritrova il suo volto
di bontà e di misericordia.
[1] In questa parabola vengono narrate esperienze di perdita e di ritrovamento. I due momenti non sono simultanei e il primo aspetto è quello della perdita. La gioia del dolore è preceduta dal dolore per la perdita. Nella parte di parabola che si riferisce al padre e ai due figli, il padre è colui che attende il figlio che se n’è andato di casa e gli esce incontro quando lo scorge tornare, e che esce incontro al figlio maggiore e lo prega di entrare per far festa con il fratello. Dio in attesa dell’uomo, Dio che prega l’uomo...