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XXVII DOMENICA T.O.

La fede dei piccoli

 

Rispetto al tema che stiamo sviluppando, la Parola di Dio oggi ci dice che non c’è discepolato senza la fede. Pare che la Sacra Scrittura non lasci spazio ai cosiddetti “atei devoti†che tanto si fanno paladini della Chiesa Cattolica e poi sono incapaci di qualsiasi adesione al messaggio evangelico dimostrando così in maniera evidente, (per non dire spudorata), che certe posizioni sono prese in funzione di un puro interesse personale. Il discepolo è distante da tutto questo e sa che la fede è quell’ambito in cui il mondo di Dio (che ci chiama a stare con Lui), e il mondo dell’uomo (il suo reale, le sue giornate concretamente vissute), si incontrano in un reciproco darsi gratuitamente. Appare evidente proprio questo: la fede non è questione di sospiri, di occhi alzati verso il cielo, di io ti do e tu mi dai, la fede è un leggere la propria vita alla luce del dono che Dio ci fa della sua presenza. E la fede (scusate le ripetizioni), è appunto è il tema unificante le letture di oggi: la prima lettura ci dice che il giusto vivrà per la sua fede, nella seconda lettura s. Paolo invita Timoteo e tutti noi a scoprire nella fede di Gesù la sorgente della nostra fede e nel vangelo le parole di Gesù ci ricordano che anche quando il compito affidato è impegnativo,  la fede con la quale siamo chiamati a rispondere non è questione di grandezza, di misura, di quantità... è sufficiente la piccola misura del granellino di senapa.

 

Bello quello che emerge dalla prima lettura: il profeta, in contatto con la realtà che sta vivendo, fatta di violenza, contese, oppressione, fa salire le proprie domande a Dio... nelle comunità abbiamo notato come sia Dio a metterlo nelle condizioni di vedere: perchè mi fai vedere? Perchè resti spettatore? Mi pare di leggere in controluce questa domanda:  ma perchè non mi lasci tranquillo? Dio invece opera così in tutti noi: ci pone in contatto con quelle che sono le nostre responsabilità che riassumo così: il compito di ogni discepolo non è di risolvere, ma di aprirsi alla fiducia, perchè in quella fiducia possano stare sicure le generazioni future. Chiamato a fidarsi, Abacuc, di un qualcosa che nel futuro si compirà (se tarda aspettala!)... chiamato a scrivere, ad incidere la visione, perchè la visione (il giusto che vivrà per la sua fede), possa diventare parola[1], possa essere alimento, perchè chi ne ha bisogno possa sfamarsi e possa desiderare di vivere come un giusto nonostante che le apparenze dicano che a trionfare sono sempre i disonesti. Bella allora questa nostra vocazione a scrivere, ad incidere: è chiamata ad essere custodi di una parola “incancellabile.†Guardare in avanti... come i contadini dicevano nella comunità di Las Nieves, che aspettano il frutto della loro semina. E qui abbiamo capito il forte legame tra la prima lettura e il vangelo che parla del seme di senapa e della logica della fecondità che sta dentro il seme, che è destinato ad un fiorire, ad un fruttificare, proprio come la fede del profeta che ha nutrito e moltiplicato le fede delle generazioni future che a quella visione scritta si sono abbandonati è non dimentichiamo che sono parole, quelle della prima lettura, che ascoltiamo anche nel canto delle profezie della Novena di Natale.

 

Anche la seconda lettura ci dice qualcosa di molto imprtante circa la fede: con la fede e l’amore che sono in Cristo Gesù... e questo mi suggerisce un pensiero molto semplice, che nasce dal sostare un poco sulla fede che è in Gesù, sulla fede di Gesù. Bello sentirsi dire ancora una volta che anche Gesù ha avuto fede, ha avuto bisogno di affidarsi, di consegnarsi all’amore del Padre perchè come noi tutto non lo sapeva... qui a Cuba quasi tutti gli uomini si vergognano ad entrare in chiesa (chissà, forse non solo qui...) e l’esortazione di S. Paolo a non vergognarsi mi fa pensare. Però, come ci si può vergognare di un Dio che in Gesù si fa così vicino a noi, tanto da, sulla croce, gridare il suo dolore, la sua paura il suo rimprovero nei confronti di un Padre che lo ha abbandonato?

 

Ritorno al vangelo, alla fede, al granellino di senapa... vediamo i discepoli che si trovano di fronte alla loro inadeguatezza, una inadeguatezza che li pone nella condizione di chiedere aiuto a Gesù. Per capire questa richiesta è necessario leggere i versetti che precedono la domanda dei discepoli: parole che parlano di perdono, della perfezione del perdono, fino a sette volte in un giorno: una misericordia senza misura per custodire la quale i discepoli ritengono necessaria una fede più grande, avvertono che non sono capaci. Tutto sembrerebbe logico fino a qui: più grande è l’impresa, maggiori devono essere le risorse impiegate; ma Gesù ancora una volta ci stupisce, capovolgendo il nostro modo di ragionare: Gesù rinvia i suoi discepoli e ciascuno di noi a questa importante verità: il centro non è tanto sulla quantità (e qui il testo in spagnolo è più preciso di quello italiano), ma sul modo: Gesù qui non dice: se aveste fede quanto un granello di senapa, ma come un granello di senapa... non si tratta di una dimensione fisica, ma interiore... abbiamo già capito: è necessario essere  piccoli per avere la fede. Siamo chiamati ad avere la fede dei piccoli, la fede di coloro che non possono fidarsi che di Dio, di Gesù, del vangelo... piccoli come chi però? Le “piccole donne†che frequentano la comunità di Las Nieves hanno eletto come “piccola†con molta fede la vedova povera che ha gettato nel tesoro del tempio tutto quello che aveva per vivere. I “piccoli†della comunità di Amaro, dove tutti i sabati celebriamo la liturgia della Parola hanno eletto come “piccola†la vergine Maria e a Rodrigo mi hanno parlato di due “piccoli anziani†che nonostante l’età non hanno perso la speranza di vedere il Messia: Simeone ed Anna. Mi ha fatto bene questo ascolto della piccolezza nel vangelo... forse s. Teresa di Gesù Bambino (ha fatto della piccolezza il suo cammino) che abbiamo ricordato due giorni fa ci ha aiutato, non so... che ognuno di noi possa cercare nel vangelo il suo “piccolo†per poter finalmente imparare da lui ad affidarsi, a consegnare la vita.




[1] Sullo scrivere le parole, è stata bella la condivisione che abbiamo fatto, giovedì scorso, con le persone che hanno partecipato alla celebrazione dell’eucarestia. Nell’omelia, in ascolto di Giobbe e del suo desiderio di scrivere sulla roccia parole che possano restare per sempre, ho invitato i presenti a dire le lro parole importanti, quelle che vorrebbero non si cancellassero mai: amore, consegnarsi, condividere, ascoltare, allegria.... e tante altre.




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