XXIX DOMENICA T.O.
La preghiera
dei deboli
Possiamo
sintetizzare così la liturgia della Parola che oggi riceviamo dalla bontà di
Dio: la preghiera è sempre preghiera dei
deboli. Vero che pregare è un verbo che decliniamo spesso e volentieri
quando siamo in situazioni di povertà , necessità e di bisogno... ma è
altrettanto vero che la preghiera ci sorprende a volte in atteggiamento di
pretesa, di sicurezza sprezzante, di superbia (come avremo occasione di vedere
nel commento alle letture di domenica prossima).
Le letture di
oggi ci aiutano a recuperare quella dimensione di piccolezza e di umiltĂ della
quale nelle ultime due domeniche abbiamo sottolineato l’importanza per definire
le condizioni che “rendono possibile” la fede. La preghiera non è opera dei forti, ma dei deboli scrive E.
Bianchi, e mi piace davvero tanto: è la debolezza di Mosè che non riesce a
tenere le braccia alzate ed è la debolezza di una vedova è debole perchè
donna, debole perchè privata dell’affetto, dell’amore della sua vita, debole
perchè, (nonostante l’invito della Scrittura a operare come Dio, che si prende
cura del’orfano e della vedova), nessuno prende le sue difese.
Se c’è una
“forza” che conta, nella vita, ci dicono le letture di oggi, non è la forza
fisica, ma la forza che viene dalla fede, dallo stare saldi in Dio... forza che
è perseveranza
[1], non stancarsi mai. La vedova del vangelo di oggi ci
aiuta tanto, credo, in questo: Ricordo che in un suo commento don G. Nicolinici
invitava a ricordare che questo perseverare è la volontà e la capacità di
"rimanere sotto", di "sopportare": siamo in pieno nel
cammino di queste domeniche allora! è la grande bellezza di un'umiltà e di una
debolezza che si manifestano come la vera forza. Sento molto vicini il testo
della seconda lettura di domenica scorsa e la figura di questa vedova... s.
Paolo non ci diceva che dobbiamo "sopportare con Lui", (vecchia
traduzione), ma solo che dobbiamo sopportare! Qui la bella, secondo me,
interpretazione di don Giovanni: Forse
perché questa è la prova suprema della nostra partecipazione alla sua Passione:
la solitudine! Forse questo è il punto supremo della prova della vita
cristiana. Forse su questo dobbiamo supremamente vigilare gli uni sugli altri:
quando siamo chiamati a celebrare la solitudine di GesĂą! E siccome appunto siamo
come bambini, siamo bambini, la solitudine è la prova più delicata! Leggevo
qui la capacitĂ di lottare, sola contro tutti, di questa donna della quale
l’evangelista Luca ci parla e mi pare di capire che la fatica e la lotta
diventano allora chiavi di lettura importanti per quello che riguarda la nostra
vita spirituale.
La prima
lettura, insieme ad un contesto che per me è sempre problematico (quello della
battaglia, della guerra, del passare a fil di spada tipico della mentalitĂ del
primo testamento) ci dice due cose importanti: intanto che Dio cammina con noi
nella prova, nelle difficoltĂ , nelle battaglie della nostra vita e poi ci dice
della bellezza della preghiera, che l’autore del libro dell’Esodo ci presenta
nella sua dimensione di fatica, ma anche nella sua dimensione comunitaria [2]. E’ molto
bella l’interpretazione che la cristianità negli anni ha dato a questo episodio vedendo nel gesto di Mosè e
nella sua fatica la passione di Gesù sulla Croce... è lì la forza di noi
credenti, in un Dio che si passare a fil
di spada... è li il vero combattimento di Dio per noi, è lì la vera
vittoria. Ci aiuta anche il contesto nel quale la prima lettura è collocata nel
libro dell’Esodo: Amalek è il primo nemico che incontra Israele e lo incontra in
un momento di prova e di difficoltĂ a causa della mancanza di acqua e di cibo.
Amalek approfitta, (diremmo noi vigliaccamente), di una situazione di estrema
debolezza... mi pare un bell’esempio di come anche noi siamo chiamati a reagire
quando ci troviamo in una situazione di povertĂ spirituale, quando siamo
tentati di abbandonare, lasciar perdere perchè la presenza del Signore non ci
appare più così certa, così evidente.
Il brano di
vangelo che abbiamo ascoltato apre il capitolo 18 del vangelo di Luca nel
quale, (scusate il mio ripetere sempre la stessa idea!!!), GesĂą ci parla del
mistero della sua e nostra piccolezza. Ancora una volta siamo confermati nel
fatto che la fede e la preghiera di cui oggi siamo testimoni grazie a questa
donna, possono fiorire soltanto nei piccoli e in chi sa che a questa piccolezza
deve in continuazione convertirsi. Il primo versetto ci dà l’obiettivo: la
necessitĂ di pregare sempre, senza stancarsi. In questi primi giorni di
ottobre, dove la figura di grandi santi ci è venuta incontro (Francesco, Teresa
di Lisieux, Teresa d’Avila....), il nostro istinto ci porta a considerare che
la preghiera continua è per spiriti di grande forza, maturità ... il vangelo ci
dice qualcosa di diverso: quanto Gesù chiede è compiuto da una persona che
trova tutta la sua forza a partire dalla sua debolezza. Un’altra cosa molto importante
è questa: il verbo che la traduzione italiana rende con senza stancarsi e che può indurre a intendere la preghiera come una
gara di resistenza, in realtà va tradotto con: senza scoraggiarsi, senza perdersi d’animo... ecco che la vedova
del vangelo ci aiuta a dire che la
preghiera è un atto di profonda, incessante, umile fede. Sento anche la domanda
che GesĂą pone al termine di questo brano di vangelo come un invito forte a
vivere l’esperienza della piccolezza e della povertà per poter dire, un giorno,
dove saremo, se radicati nelle nostre sicurezze o fiduciosamente abbandonati
nelle mani di Dio.
Ricevo la
seconda lettura di oggi come un ulteriore invito a stare saldi in Dio e nel
dono che lui ci fa della sua Parola, che, come scrive don Paolo Farinella, è fondamento della vita e contenuto della
preghiera. Paolo proclama la bellezza di una vita immersa nella Parola di
Dio (Timoteo fin da piccolo è stato iniziato all’ascolto della Sacra Scrittura
e la sua vita è stata illuminata e condotta dalla Parola) e denuncia l’urgenza
di seminare, annunziando... lo fa con quel verbo così forte: ti scongiuro, che
alla lettera sarebbe ti testimonio...
è Paolo, che a partire dalla sua esperienza, invita ciascuno di noi a vivere
come lui, facendo della parola di Dio il cuore e il respiro della vita.