NOTTE DI PASQUA 2010
Notte di Pasqua 2010
(Nello stupore, la rivelazione)
A quei
segni di luce e di speranza che abbiamo cercato di cogliere nella liturgia della
Parola dei giorni scorsi ci siamo affidati entrando in processione in chiesa
seguendo il Cero Pasquale. Segni di Luce che in questa notte diventano la Luce
che illumina le nostre notti, le nostre oscurità , le nostre fatiche… e se gli
anni scorsi le candele che i fedeli accendevano rendevano meno buia la notte,
quest’anno, a Manacas, tutta la fatica l’abbiamo fatta fare al Cero Pasquale,
perché le candele qui a Cuba non ci sono… non si trovano. Ci siamo detti allora
che a quella luce affidavamo i nostri passi, a quell’unica luce… la luce di
Gesù, (e non le mie luci…) Gesù, unica Speranza (e non le mie speranze…) entro
in chiesa forse più disposto ad ascoltare nelle letture dell’antico testamento
il progetto del Padre: la creazione del mondo; la fede di Abramo nel sacrifico
di Isacco; la liberazione di Israele e il passaggio del Mare; la promessa della
Parola di Dio e del suo Spirito, del suo amore; il nostro tuffo, fin da piccoli,
in questo amore di Dio che desidera avvolgere la nostra vita. Tutto questo, nel
vangelo che abbiamo ascoltato diventa cammino, ricerca, paura, incredulità ,
dubbio, stupore… Abbiamo cominciato il tempo di Quaresima dicendoci ancora una
volta, sulla scorta delle parole di don Tonino Bello, la bellezza di un percorso
che prende tutta la nostra persona, dalla testa ai piedi… dalla cenere ricevuta
sul capo al cammino fatto a piedi verso il sepolcro.
Che bello è questo
cammino, fatto la mattina presto, quando albeggia, quando ancora non sai come ti
verrà incontro il giorno che si apre… certo, le donne vanno al sepolcro con gli
aromi, per ungere un morto, ma leggo in questo andare un desiderio di luce, di
sole, una disponibilità ad accettare un incontro, un coraggio che i discepoli
non avevano avuto. Giunte al sepolcro la prima sorpresa: la pietra è stata
spostata, rotolata via. Ricordo sempre con stupore e gioia come don Tonino Bello
ha definito la Pasqua: la festa dei macigni rotolati. Quante pietre penso che ci
siano da rotolare via nella mia vita e non mi accorgo che magari sono sassolini…
quanti macigni, quante fatiche, quante preoccupazioni da rotolare via nella vita
dei miei parrocchiani… e loro mi insegnano a misurare. Penso a Elivita, della
comunità di Rodrigo, che la sera del Giovedì Santo era in chiesa e l’hanno
chiamata perché in casa sua era successo qualcosa. Poi ho saputo che la parte di
casa dove vive suo figlio è bruciata completamente a causa di un corto circuito.
Ieri ci ha fatto vedere la casa… mi ha detto: Padre, devo ringraziare Dio,
questo Dio così buono che ha fatto in modo che mio figlio non si facesse del
male… Lei a ringraziare Dio dopo l’incendio e io con i miei sassolini da
rotolare via.
Una volta entrate, le donne, non vedono il corpo e non
sanno che pensare, non sanno che fare… sono spiazzate, incerte, dubbiose,
paurose al vedere i due uomini… da questi però sono rinviate al centro della
loro ricerca… stavano spostando troppo la loro attenzione al corpo senza vita di
Gesù Perché cercate tra i morti il Vivente? E’ una domanda forte, molto forte…
Domanda credo rivolta ad ognuno di noi questa notte Perché cercate? Chi cercate?
Dove cercate? Sono andate, le donne, per ungere un cadavere… ho l’impressione,
alle volte che propongo a chi si avvicina alla chiesa, di (perdonate
l’espressione) ungere cadaveri… nel senso che mi è facile proporre un Gesù
zittito, il cui corpo è reso muto da tante mie carenze. Chissà se questo passa
anche nella chiesa? Si parla con sempre maggiore insistenza del modificare (è un
mio pallino… perdonatemi..) le parole della consacrazione nella messa… il calice
del mio sangue, versato per voi e per molti in remissione dei peccati… Speriamo
di no, perché questo si, sarebbe zittire, ammutolire Gesù… un Gesù che dona la
vita e muore per molti e non per tutti a quanti cuori può parlare? Al mio cuore
direbbe ben poco… un dio normale, che fa differenze, che dice che c’è qualcuno
che si merita la sua morte e qualcuno no. Ma tante altre cose… quando non
accolgo zittisco Gesù, quando non mi prendo cura zittisco Gesù, quando non
perdono zittisco Gesù, quando gli chiedo di cambiare le cose senza assumermi io
le responsabilità di decidere zittisco Gesù.
E’ la memoria delle sue
parole che fa riconoscere alle donne che Gesù è vivo. E’ la centralità della
Parola di Dio che ci permette di ricevere Gesù nella nostra vita: Ricordatevi
come vi parlò quando era ancora in Galilea… non c’è Pasqua senza memoria della
Parola di Dio, quella parola che fa ardere il cuore nel petto e che può dare la
giusta direzione alla nostra ricerca. E’ quella Parola che ci cambia, che ci fa
fare un passaggio, una Pasqua, e ci spinge ad annunciare la novità dell’amore di
Dio che in Gesù ci raggiunge e fa del sepolcro non una meta per ungere un
cadavere ma un punto di partenza per aprire alla speranza. Dalla morte alla
vita.
Ed ecco che per gli undici riuniti nel sepolcro comincia lo stesso
cammino delle donne: la loro stessa incertezza di quando erano giunte al
sepolcro, la incredulità che sembra quasi un passaggio obbligato. Ed un cammino
che si ripete, in Pietro che ripercorre la strada delle donne e torna a casa,
stupito… in quello stupore, io credo, ci sono la rivelazione e la fede, perché
al versetto successivo comincia l’episodio dei discepoli di Emmaus, i quali
tornando a casa odono parlare i discepoli che dicono: realmente il Signore è
resuscitato ed è apparso a Simone. Che il Signore ci renda capaci di questo
stupore per riconoscerlo, e nella sua Parola gettare la nostra vita.
Buona Pasqua, maurizioprandi@obistclara.